Il racconto del Grande Fiume

III. Il Po in età Romana


In età romana sopraggiunse un clima caldo ed asciutto che migliorò le condizioni di abitabilità, favorendo così la colonizzazione agricola della Bassa Padana. Il ramo principale del Po era sempre l’Eridano, mentre a Nord sopravvivevano diverse diramazioni minori, sia del Po che dell’Adige.

 

Quello che era stato il più importante polo commerciale dell’antico litorale padano, Spina, era inesorabilmente decaduto fra il IV ed il III Secolo a.C., forse per il progressivo interramento del porto dovuto al grande accumulo di sedimenti da parte del ramo principale del Po; nel frattempo, più a monte, si stava affermando Voghenza che fino al III Secolo d.C manterrà il suo ruolo predominante.

Furono costruite molte strade, realizzati canali di drenaggio per bonificare zone paludose e scavate numerose fosse per favorire la navigazione interna. Sappiamo da Polibio che il Po era navigabile dall’antica foce del Volano per 2000 stadi (355 chilometri)1, mentre Plinio lo considera navigabile fino a Torino2.

In epoca romana i più importanti porti sul Po erano: Cremona, Pavia (sul tratto terminale del Ticino), Piacenza, Brescello, Ostiglia, Vicus Varianus (Vigarano) e Vicus Habentia (Voghenza).

Sempre secondo Polibio, il Po scendeva con un unico corso fino ad un luogo chiamato Trigaboli, dove si divideva nei due rami dell’Olana e del Padoa; questo insediamento è forse identificabile con la primitiva Ferrara, quella sorta sulla riva destra in corrispondenza della basilica di San Giorgio.

Il ramo meridionale (Padoa) era collegato a Ravenna con la Fossa Messanicia, e non deve essere confuso con il Primaro, che in età romana ancora non esisteva, e che comunque scorrerà più a Sud.

 


  1. Polibio, Le storie, edizione BUR, Milano, 1994.
  2. Plinio, Storia naturale, cosmologia e geografia, Edizioni Einaudi, Torino, 1982.