Il racconto del Grande Fiume

V. Quadro geomorfologico della città di Ferrara


Attraverso l’analisi del piano quotato del territorio urbano del 1914, ma soprattutto del nuovo microrilievo eseguito dal Prof. Marco Stefani (Docente dal 1994 presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Ferrara) nel corso del 2007, è stato possibile ricostruire quello che verosimilmente poteva essere l’andamento geomorfologico del territorio cittadino. Si parla qui di microrilievo altimetrico piuttosto che di rilievo perché, a differenza di analisi simili condotte su centri collinari o montani, nella Bassa Padana ci si deve spesso affidare a scarti di quota dell’ordine del decimo di metro.

 

Eliminando quelli che palesemente sono gli alzati artificiali, prodotti dell’azione antropica (le mura rinascimentali e le relative pertinenze, il fossato del castello, ecc.), si può riconoscere una fascia rilevata corrispondente all’attuale via Ragno, che si snoda parallela a Via delle Volte e Via Coperta per tutta la direttrice Est-Ovest della città, con due zone ad una quota maggiore in corrispondenza delle chiese di San Pietro e di San Michele, come menzionato da Riccobaldo nella Chronica Parva Ferrariensis: “Eius loci civitatis primi incole in duobus loci editoribus1, testimoniando come i primi abitanti della riva sinistra si fossero insediati presso due alture, realizzando due castelli protetti da terrapieni e fossati.

Questi due punti, caratterizzati da una quota maggiore rispetto al resto del territorio, possono essere visti come motte o conoidi di deiezione, cioè punti in cui il fiume ha rotto gli argini naturali che lo contenevano, depositando i sedimenti più pesanti (ghiaie e sabbie) nelle immediate vicinanze della rotta, non appena cioè la velocità dell’acqua subisce una brusca diminuzione.

Un terzo rilevato, anche se di entità minore, è riconoscibile nella zona della basilica di San Giorgio, in corrispondenza del primitivo nucleo della città, conosciuto come Ferrariola.

È inoltre possibile riconoscere un canale, corrispondente all’attuale via Santo Stefano, che partendo da quello identificabile come il corso del Po di Ferrara si dirige verso Nord, passando dal sito del castello e tagliando l’Addizione Erculea.

Osservando il digradare del terreno dall’argine corrispondente all’attuale via Ragno, si osserva una pendenza minore verso Sud (cioè verso il letto del fiume), ed una maggiore verso Nord, arrivando dalla quota di circa 9,5 metri in corrispondenza del punto più alto della sponda a quella di circa 5,5 metri nel più depresso. Si può inoltre riconoscere un canale di scolo posto alla base dell’argine, che segna il passaggio dal suolo ghiaioso-sabbioso del rilevato a quello argilloso-limoso dell’area interfluviale; questo canale è tuttora riconoscibile leggendo il tessuto urbano nella fascia edilizia delimitata a Sud dalle Vie Saraceno-MazziniBorgoricco-Concia ed a Nord dalle Vie Paglia-Zemola-Contrari-Garibaldi: probabilmente questo poteva essere il confine settentrionale della città, collegando i due punti a quota maggiore.

A Sud di Via Mayr (una volta Ripagrande, eloquente toponimo) è possibile rilevare una zona di basso in corrispondenza delle Vie Ghiara-XX Settembre (corrispondente al ramo superiore del fiume), e poi un’area rilevata intorno al sito del monastero di Sant’Antonio in Polesine: questa era l’isola esistente in mezzo al fiume che ne facilitava l’attraversamento, collegando l’insediamento iniziale di San Giorgio con la sponda sinistra, e determinando la nascita, nel punto corrispondente al rilevato di San Pietro, di quello che è stato individuato (attraverso la lettura dell’edilizia esistente) come un piccolo castrum militare, posto evidentemente a difesa del guado.

Dalla lettura del microrilievo si può distinguere una zona maggiormente rialzata di forma pressoché rettangolare, più piccola del castrum, forse corrispondente ad un insediamento precedente. Passa, infatti, in adiacenza ad esso il percorso che si snoda sull’argine, riconoscibile nella Tabula Peutingeriana (basata su una carta probabilmente redatta al tempo di Augusto, ma con aggiunte successive) come la strada “ab Hostilia per Padum”, cioè quella che congiungeva Ravenna ad Ostiglia costeggiando il Po (Tabula Peutingeriana, segmentum III). Non si conosce la natura o l’effettiva esistenza di questo primitivo insediamento, non essendone rimasta traccia fisica o documentaria, ma è ipotizzabile come una delle stazioni di posta esistenti sul percorso. È comunque questo il luogo che i Bizantini scelgono per porre uno dei loro tre castra a difesa dell’esarcato (Ferrara, Argenta e Comacchio) dall’invasione longobarda, costruendolo sull’estrema linea difensiva costituita dal Po (pure un’importante via di comunicazione) che per la sua ampiezza era di difficile attraversamento, in un punto in cui la presenza di un’isola comportava l’indebolirsi del ruolo di difesa.

Un altro punto di guado si può ritrovare più ad Ovest in corrispondenza dell’isola del Belvedere o di San Bartolo (obliterata dalla costruzione della fortezza pontificia), sempre in corrispondenza di un rilevato naturale: quello sopradetto della chiesa di San Michele. È probabile che proprio qui si sia sviluppato il secondo nucleo sulla sponda sinistra del Po, probabilmente di fondazione longobarda, in seguito alla conquista della città nell’VIII Secolo. A difesa di questo punto di guado verrà costruito da Tedaldo di Canossa (o più probabilmente da lui solo rimodernato ed ampliato), sulla fine del primo Millennio, il Castel Tedaldo.

Una volta nati questi due insediamenti (uno bizantino, l’altro probabilmente longobardo), la città si svilupperà fra di essi, andando ad occupare prima la fascia dell’argine a cavallo di via Ragno (più rilevata e fertile) e poi il declivio a Nord di questa. Si viene così a sviluppare una seconda città, lineare, sulla sponda sinistra del Po, alternativa al primitivo nucleo di San Giorgio, sulla sponda destra, rappresentante il potere ecclesiastico, direttamente dipendente da Ravenna.

In seguito alla rotta (o più probabilmente ad una serie di rotte) di Ficarolo, verificatesi nel corso del XII Secolo, il Po di Ferrara diminuisce sempre di più la sua portata a favore di quello di Venezia, limitando al contempo di molto la sua sezione. Si rendono così disponibili nuove aree di espansione della città, a Sud di via Ripagrande, tanto che, nel XIV Secolo, il ramo che separava l’isola di Sant’Antonio dalla sponda sinistra è già secco, e durante il Secolo successivo viene edificato (Addizione di Borso d’Este).

Con l’espandersi della città verso Nord si provvede alla bonifica dei terreni più bassi con scoli corrispondenti, ad esempio, all’attuale via Savonarola. Come già detto, il Po di Ferrara perdette sempre più d’importanza, tanto che nel XVII Secolo è già escluso dalla rete padana attiva.

 


  1. RICCOBALDO da FERRARA, Chronica Parva Ferrariensis, in: Gabriele ZANELLA (a cura di) Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, serie Monumenti, volume IX, Ferrara 1983.