Ferrara: il Territorio in una Città

V. Tedaldo di Canossa


A partire dal X Secolo, i rapporti di Ferrara con gli arcivescovi di Ravenna si fecero sempre più complessi perché, se da una parte i presuli ravennati tentavano di esercitare i loro poteri temporali sul territorio ferrarese, dall’altra i vescovi e i cittadini di Ferrara miravano a sottrarsi a questa pressante dominazione.

 

Nel 981, Papa Benedetto VII († 983) fece delle concessioni ai presuli ferraresi estremamente importanti: innanzitutto lasciò al Vescovo la gestione di tutte le imposizioni fiscali connesse con il mercato di Ferrara e la metà delle entrate che provenivano dalle imposizioni gravanti sulla navigazione fluviale, da utilizzare nei lavori pubblici necessari alla manutenzione e all’ampliamento della città. In questo modo, oltre all’acquisizione di entrate economicamente rilevanti (essendo il Po la principale via di comunicazione dell’Italia settentrionale di allora, tutti i trasporti di merci destinati alla Pianura Padana dovevano necessariamente passare sotto le fortificazioni di Ferrara e qui pagare i dazi), il privilegio papale riconobbe l’autorità politica del Vescovo e la capacità dei cittadini di gestire autonomamente la cura dei beni demaniali. Da segnalare in questo privilegio è poi il fatto che Ferrara sia designata come “massa maior”, dove per “masse” si intendono vasti complessi fondiari o aggregati di fondi, che possono svolgere funzione amministrativa come centri di raccolta dei prodotti dei coloni, nonché funzione di ubicazione dei beni terrieri1.

Nel ventennio successivo, tuttavia, la situazione cambiò: Papa Gregorio V (972-999) era una figura politicamente debole che mal riuscì a mantenere la sua autorità sul Ferrarese, un territorio geograficamente lontano da Roma ma assai vicino ad una Ravenna cui non era mai venuta meno la volontà di dominare su Ferrara. Così, nel 986, l’Imperatore Ottone III (980-1002), alla ricerca di un alleato potente in Italia, con un importante diploma attribuì all’Arcivescovo di Ravenna il Comitato di Ferrara (assieme a quello di Comacchio e al monastero di Pomposa), sottraendolo alla giurisdizione del Papa2.

Per tutta risposta, il successore di Gregorio V, Papa Silvestro II (999-1008), una volta salito al soglio pontificio prese un’efficace e intelligente contromisura: rinunciando alla propria sovranità diretta sul Comitato di Ferrara ed assegnandolo in feudo a Tedaldo di Canossa, rese così praticamente vana l’investitura di Ottone all’Arcivescovo di Ravenna, perché Tedaldo era un uomo molto vicino all’Imperatore, nipote di Ottone I, uno dei suoi maggiori sostenitori in Italia, e, al tempo stesso, assolutamente fedele alla Santa Sede. In tal modo, il Papa lasciò a lui il peso di competere con l’Arcivescovo di Ravenna per mantenere la propria autorità sul ferrarese e si assicurò contemporaneamente un controllo, seppur indiretto, sul territorio.

Della signoria di Tedaldo poco dicono gli antichi documenti e si sa solamente che egli deve aver realizzato un intervento sulle fortificazioni della città, facendo costruire sulla riva del Po il Castello che portava il suo nome, il quale più che di un vero e proprio maniero (inteso come luogo fortificato e residenziale), doveva consistere, almeno inizialmente, in un rinforzo delle mura nel punto più occidentale, là dove queste vanno a chiudere l’abitato, congiungendosi con la riva del fiume3.

Non si conosce molto del Castrum Thedaldi dal punto di vista architettonico, ma Riccobaldo nella sua Chronica Parva Ferrariensis lo ricorda munito di aggere e fossa, mentre Fra’ Paolino Minorita (nel XIV Secolo) lo raffigura isolato sulla sponda settentrionale del Po, ad Ovest della cinta murata, formato da un torrione centrale svettante al di sopra di un più basso corpo di fabbrica che lo circonda e di basse torri merlate angolari4; lo stesso Pellegrino Prisciani (1498) lo rappresenta circondato da un ben visibile fossato.

Ad ogni modo, nel X Secolo, l’abitato aveva già raggiunto un’estensione ragguardevole ed era già attestata una civitas nella zona detta “Fundus Tabernolus”: da alcuni documenti, quasi tutti di carattere privato, risulta che la città a quell’epoca avesse già avuto un ampio sviluppo, poiché presentava due borghi, il Borgo Superiore e il Borgo Inferiore, rispettivamente a monte (a Ovest) e a valle (a Est) del castrum. Durante l’alto Medioevo la sponda settentrionale del Po diventò, quindi, l’asse di attrazione di un insediamento urbano che si dilatava al di fuori della cerchia muraria del castrum e andava ad allungarsi nella direzione della riva sinistra del fiume5.

Una nuova cinta fortificata, approntata per la difesa contro le incursioni ungare, circoscrisse questo ampio agglomerato urbano: il nuovo perimetro difensivo s’innestava nell’antico castrum e, con andamento curvilineo, andava a racchiudere il settore occidentale della città. L’ubicazione di questa cinta viene indicata nel percorso parallelo delle vie Saraceno – Mazzini – Borgoricco – Concia, a Sud, e delle vie Paglia – Zemola – Contrari – Garibaldi, a Nord. Non si sa con certezza quale sia la struttura materiale di queste difese, ma probabilmente si trattava di un fossato e di un terrapieno con rinforzi lignei.

Si assiste, inoltre, alla costruzione di nuove case sui suoli concessi (casali), in parte già costruiti, in parte ancora “vacui6: un documento dell’anno Mille ricorda un casale positum in castello Ferrarie in regione “beati Salvatoris7.

Quando nel 1012 morì Tedaldo di Canossa, gli successe il figlio Bonifacio. Anch’egli, come il padre, cercò di mantenere salda l’alleanza con l’Imperatore Enrico II (973-1024), favorito inoltre, in questa sua politica, dalla nomina ad Arcivescovo di Ravenna di Arnaldo, fratello dello stesso Imperatore: questa posizione privilegiata gli consentì di ottenere una garanzia di non ingerenza ravennate nel governo del comitato ferrarese8. Del governo di Bonifacio si hanno diverse notizie in placiti e in strumenti di donazioni fatte, o di vertenze e contratti. Si suppone, comunque, che egli fosse presente a Ferrara solo per brevi periodi, dovendo visitare e vigilare su estesi domini e che, quindi, il popolo ferrarese godesse di una grandissima libertà9.

 


  1. Francesca BOCCHI, Note di Storia Urbanistica Ferrarese nell’Alto Medioevo in “Atti e Memorie della Deputazione Ferrarese di Storia Patria” (Serie III, Vol. XVIII), Stabilimento Artistico Tipografico Editoriale, Ferrara, 1974. Teresa BACCHI, Terra e società in età carolingia e postcarolingia, in Augusto VASINA (a cura di) “Storia di Ferrara”, Ferrara, 1987, tomo IV.
  2. Francesco BERNI, Degli eroi della serenissima Casa d’Este ch’ebbero il dominio in Ferrara, Spazio libri, Ferrara, 1992. Renato Jannucci, cit.
  3. Guido Angelo FACCHINI, La storia di Ferrara illustrata nei fatti e nei luoghi, Istituto fascista di cultura, Ferrara, 1933. Gasparo SARDI, Historie Ferraresi, ristampa edizione Forni, Bologna, 1967.
  4. Stella PATITUCCI UGGERI, Sviluppo topografico di Ferrara nell’Alto Medioevo in “La Cattedrale di Ferrara”, Accademia delle Scienze, Ferrara, 1979.
  5. Ibid.
  6. Francesca BOCCHI, cit.
  7. Antonio FRIZZI, cit.
  8. Francesca BOCCHI, cit.
  9. Guido Angelo FACCHINI, cit. Raffaello VOLPINI, I Placiti del “Regnum Italiae”, in Fonti dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo, Roma, 1957.