Ferrara: il Territorio in una Città

XI. Le trasformazioni urbanistiche durante la Signoria


La Signoria Estense fu di primaria importanza non solo per la politica che intraprese a livello cittadino, incrementando la ricchezza di una città attiva che durante il suo dominio continuò ad essere al centro di intensi traffici commerciali e culturali, ma anche attraverso la creazione dell’Università e la costruzione delle numerose delizie che ospitavano sia feste che patti politici. Ferrara continuò a rappresentare una tappa fondamentale delle escursioni compiute dai più importanti esponenti politici per tutto il dominio estense.

 

Gli Estensi passarono alla storia soprattutto per la lungimiranza attraverso cui seppero trasformare la città di Ferrara, rendendola un esempio all’avanguardia dal punto di vista urbanistico e organizzativo per ogni altra del suo tempo. La loro politica puntò sulla cultura e la qualità della vita: costruirono e abbellirono decine di delizie e palazzotti, stimolando i Signori a trasferirvisi e dare il loro prestigioso contributo alla creazione di questa meraviglia. Organizzarono opere di bonifica e di idraulica oggetto di vanto tecnico ancora oggi, per sfruttare al massimo un terreno ostile e paludoso. Pianificarono ampliamenti di parte del territorio che divennero presto nuovi punti nevralgici dello sviluppo urbanistico, prima fra tutte l’Addizione Erculea.

Scorriamo ora brevemente quelli che furono i principali interventi della casa d’Este, nella successione dei suoi rappresentanti:

  • Niccolò III d’Este:

Niccolò governò la città dal 1393 al 1441 e portò numerosi cambiamenti. Per prima cosa, dal 1393 vennero rettificate le mura di Sud-Est fino alla Porta del Barbacane, da poco aperta a protezione del ponte di San Giorgio, fulcro dello scambio di merci e persone tra la città e le zone limitrofe1.

Nel 1396 venne eretto il forte di San Marco, in corrispondenza della porta omonima, posto tra Via Porta Catena e Viale Cavour, per la cui costruzione fu demolita una grossa fetta di tessuto edilizio in Contrada della Rotta, tra cui la stessa chiesa di San Marco. Esso era posto nel tratto più occidentale delle mura trecentesche, tra il Canton di San Marco e il Canton del Po.

Cinque anni più tardi si interrò l’alveo del Po, ormai prosciugato già dal 1324 a seguito della Rotta di Ficarolo2, nella zona compresa tra l’isola di Sant’Antonio e le mura trecentesche, e vi si costruì una strada rettilinea e pianificata che congiungeva la porta di Sant’Agnese a quella del Barbacane.

Nel 1428, infine, Niccolò fece erigere dall’architetto Giovanni da Siena3 un nuovo maniero, detto “Castelnuovo” per distinguerlo da quello di San Michele (appunto chiamato “Castelvecchio”), si dice per l’amante Filippa Dalla Tavola, posto nelle vicinanze dell’odierno baluardo di San Lorenzo.

  • Leonello d’Este:

Successore di Nicolò III fu Leonello d’Este, che governò sulla città dal 1441 al 1450. Viene ricordato come uomo di elevate capacità intellettuali sotto il cui governo la città conobbe un’epoca di grande sviluppo in senso urbanistico e architettonico, oltre che propriamente culturale. Leonello ricevette un’edotta educazione a corte, sotto la guida di esperti pedagoghi tra cui Guarino da Verona. Nel 1435 sposò Margherita Gonzaga, conquistando un patto di amicizia con la città di Mantova. Anche con i Visconti strinse un’alleanza, ottenne l’appoggio di Napoli e inoltre mantenne tranquilli persino i rapporti con la sempiterna nemica Venezia: la sua politica dunque era segnata dalla ferma convinzione della necessità della pace per garantire continuità al proprio dominio.

Leonello riaprì l’Università, richiamandovi ad insegnare i più prestigiosi maestri e artisti del momento. Interessato all’arte e all’architettura, commissionò a Leon Battista Alberti diverse opere letterarie. Sotto il dominio di Leonello, Ferrara assunse quella nomea di centro di cultura e di umanesimo che a lungo la contraddistinse in tutta Italia.

  • Borso d’Este:

Borso governò dal 1450 al 1471 ed promosse l’ampliamento della città mediante l’Addizione che porta il suo nome e che si sviluppò intorno alla costruzione di una strada destinata a diventare l’asse portante della pianificazione e dello sviluppo della zona: si tratta di Via della Ghiara, che si snodava parallela all’andamento del costruito, ed di una serie di collegamenti, normali al suo asse, che si innestavano sulla rete viaria preesistente.

L’idea dell’annessione dell’isola del Polesine di Sant’Antonio risale al 14514, ma già Leonello nel 1442 aveva manifestato l’intenzione di ampliare le mura della zona Sud-Est ed aveva a tal scopo affidato l’incarico ad Antonio Brasavola. Il lavoro venne ripreso sotto il governo di Borso da Benvenuto degli Ordini e successivamente concluso da Cristoforo della Carradora. Le mura vanno attualmente dal cosiddetto “Mercato dei Cavalli”, presso Corso Porta Reno, fino all’ex barriera di Via Porta Romana. Sul tratto in questione vennero aperte le porte di S. Pietro, dell’Amore e di San Giorgio che tutt’ora, nei tratti originari ancora esistenti, rappresentano le più antche porte del circuito cittadino e rilevano al contempo la perizia costruttiva con cui sono state erette5.

La porta di San Pietro6 venne eretta nel 1451, in sostituzione della sorella più antica e maggiormente arretrata. Nello stesso anno venne aperta pure la porta dell’Amore7 che verrà poi distrutta da Alfonso II d’Este nel 1557. Sempre in quell’anno si aprì la porta di San Giorgio8, modificata da Alfonso II ed infine soppressa nel 18939.

Nel 1464 Borso bonificò il Polesine di Ferrara a Sud della città. Come conseguenza dell’annessione, nel 1466 gli abitanti del borgo vennero dichiarati “cittadini”, mentre su Via della Ghiaia cominciarono a sorgere le abitazioni di ricchi mercanti10.

Le cortine nel tratto fra le Vie Porta Po e Porta Mare furono interpolate da venti baluardi semicircolari dei quali ne rimangono ancora undici; a guardia delle tre porte furono costruiti massicci torrioni: ancora visibile è quello di San Giovanni. Anche negli angoli Nord-Ovest e Nord-Est furono innalzate delle robuste opere a pianta circolare.

Le mura erano state dipinte da Bernardino e Fino Marsigli da Verona.

  • Ercole I d’Este:

Fino al 1492, Ercole I aveva decretato d’ampliare le mura di circonvallazione: sotto il suo governo, infatti, le mura stesse e le fosse circondarie vennero perfezionate ed espanse ottenendo un allargamento della Città. Tutto ciò avvenne con l’inurbamento dell’area posta oltre il Canale Panfilio, intervento che prese l’appellativo di “Addizione Erculea”, e l’apertura delle nuove porte di S. Benedetto, degli Angeli e di San Giovanni Battista, presso la quale si fabbricò il massiccio Torrione.

Le mura vennero concluse nel 1506 circa, attraverso l’approfondimento del vallo antistante.

Sotto la direzione di Biagio Rossetti, Alessandro Biondo e Battista Rinaldo si cominciò a scavare la fossa nel 1492. Dal Canton di San Marco, posto nell’estrema parte occidentale, abbracciando un giro di oltre cinque chilometri e cingendo parte del Borghi dei Leoni, di San Biagio e di quello di San Guglielmo, le mura andarono a terminare a levante al Canton del Follo, poco oltre l’attuale prospettiva di corso Giovecca. Scavata la fossa e prosciugata la marcita con l’impiego della coclea o vite di Archimede11, sei anni dopo, la costruzione delle mura non era ancora cominciata. Prima della fossa e della cortina, vennero poste le fondamenta delle opere fortificatorie principali e si costruirono le porte di S. Giovanni Battista, S. Benedetto e degli Angeli12.

Le cortine nel tratto fra porta Po e porta Mare furono interpolate da venti baluardi semicircolari dei quali ne esistono ancora undici. A guardia delle tre porte furono costruiti massicci torrioni, di cui ancora è visibile quello di San Giovanni. Anche negli angoli Nord-Ovest e Nord-Est furono innalzate delle robuste opere a pianta circolare. Le mura erano state dipinte da Bernardino e Fino Marsigli da Verona.

Le mura vennero concluse nel 1506 circa attraverso l’approfondimento del vallo antistante.

  • Alfonso I d’Este:

Con il Duca Alfonso I che governò dal 1505 al 1534 vennero migliorate le difese della città attraverso la costruzione dei primi bastioni localizzati nella parte Sud-Est delle mura, a seguito di una serie di eventi politici e militari che costrinsero Ferrara a fronteggiare Venezia13. Alfonso I, noto soprattutto per il suo amore per le apparecchiature militari, aveva migliorato notevolmente la qualità della produzione delle artiglierie, fondendo memorabili bocche da fuoco idonee a tirare di lancio proiettili metallici14, ma il miglioramento delle tecniche provocò maggiori danni anche alla cinta muraria.

Nel 1510 iniziarono i lavori di modifica delle fortificazioni: si abbassò innanzitutto la fortezza del Barbacane, abbattendo la porta di Sotto e demolendo alcune case e parti di vecchie mura15. Tra il 1512 e il 1528 venne realizzato il “Montagnone”, concepito perché potesse assolvere ala funzione di cavaliere, punto alto da cui si potesse sparare più agevolmente. Nei medesimi anni venne realizzato il suo portale d’ingresso16, che nel 1786 venne trasformato in una prospettiva dall’Ing. G. Genta17. Nel 1518 furono creati a meridione il baluardo di San Tommaso e il Barbacane di San Giorgio. La porta del Barbacane venne ristrutturata ma sarà distrutta nel 1630, assieme a quella della Madonna del Buon Amore e a quella di San Pietro18: quest’ultima chiusa già attorno al 1582 e riedificata in posizione leggermente arretrata verso Sud nel 1583.

La cinta muraria su cui intervenne Alfonso era ancora costituita da fortificazioni trecentesche, interposte ad alte torri merlate a base quadrata e cortine rettlinee. Alfonso I incrementò anche le difese della parte Sud-Ovest della città, estendendo le mura per includervi Castel Tedaldo e spingendole più a occidente, fino ad arrivare al bastione di San Benedetto, passando per la porta dello Spinello, e per il nuovo Canton del Po, rafforzato e ingrandito.

  • Ercole II d’Este:

Governò dal 1534 al 1559: nel ’57 realizzò secondo i nuovi criteri del fronte bastionato i due baluardi dirimpetto alle porte di S. Giorgio e Sant’Antonio, non più difese a causa dell’inaridimento del Po19.

  • Alfonso II d’Este:

Alfonso dominò la città dal 1559 al 1597. Nel 1570 ci fu un forte terremoto che rovinò innumerevoli fabbriche all’interno della città e anche le fortificazioni collegate ad edifici, come il Castelnuovo e le porte poste a mezzogiorno. A ciò si aggiunse il progressivo prosciugamento del fiume Po che indebolì la difesa sul lato meridionale della città. Vennero realizzate le mura comprese nel tratto tra San Giorgio e Porta Paola, costituite dai bastioni dell’Amore, di S. Antonio, di S. Pietro e di S. Lorenzo. Si trattava di una nuova tipologia di bastioni, detta “a freccia”, con cui venne modificata la struttura di prospetto e fronte delle mura che, con la soppressione dei merli e la costruzione delle cannoniere, assumevano la funzione di cortina. I fianchi dei baluardi, destinati a difendere i vecchi paramenti, costituivano la parte più delicata del nuovo sistema e ciò indusse i progettisti a porre con grande cura delle ulteriori difese, rialzando a controscarpa il terreno al di là del vallo e costruendo sporgenze arrotondate ai fianchi, chiamate per la loro forma “spalle ad orecchioni”.

Nel 1563, a ridosso della Porta di San Giorgio venne realizzato il Baluardo omonimo, attraverso la modifica del più antico Barbacane, risalente al 1518. Nel corso del ‘600 esso fu di nuovo trasformato in un bastione e nel 1893 fu definitivamente demolito20. Nel 1578 si cominciò a costruire il baluardo dell’Amore, demolendo l’antica porta del 1451 e inglobando il precedente bastione di dimensioni minori21.

Un’altra catastrofe naturale modificò l’assetto difensivo di Ferrara nel 1581 quando, dopo una piena, il Po modificò radicalmente il suo corso, scoprendo il fronte Sud delle mura. L’anno seguente, 1582, Giovanni Battista Aleotti rafforzò l’antico fronte medievale col baluardo di San Pietro, a quei tempi chiamato “Senza Nome”, e fu contestualmente abbattuta la torre della vicina porta.

Nel 1585 si costruì la porta di San Paolo e il baluardo della Gusmaria, precedentemente chiamata Porta di San Nicolò, posta in corrispondenza dell’omonima strada sorta sull’antica zona paludosa del Lacus Mariae.

Infine, per l’interrimento graduale del Po che fluiva anticamente lungo le mura di mezzodì, il Duca ne spostò definitivamente  l’alveo in maniera artificiale, iniziando una più larga cinta difensiva al di là del fiume, oltre il borgo di San Luca. Di questa opera fortificatoria, sovvertita totalmente al principio del Secolo XVII quando fu costruita la Fortezza pentagonale, non resta tuttavia più nulla, se non una chiara ricostruzione grafica tracciata dal Borgatti nella sua “Pianta della città qual’era nel 159722.

 


  1. Anna Maria VISSER TRAVAGLI, cit.
  2. La Rotta di Ficarolo, avvenuta nel 1150, aveva avuto grandi ripercussioni sull’idrografia cittadina. Con lo spostamento del tratto principale più a settentrione, la rete idrica Ferrarese perde d’importanza e modifica i suoi equilibri interni. A tale proposito scrive la Guarnieri: “Il canale che divideva il monastero dalla città non doveva essere comunque troppo profondo se, nel 1324 si tentò di scavarlo. Ma i lavori non furono particolarmente utili: già circa sessant’anni dopo questo canale era diventato una strada che fu chiamata della Ghiaia” (Chiara GUARNIERI, 1998).
  3. Antonio FRIZZI, Memorie per la storia di Ferrara, 1791.
  4. Carlo CESARI, Cesare PASTORE, Roberto SCANNAVINI, Il centro storico di Ferrara, 1976.
  5. Ugo MALAGÙ, Le mura di Ferrara, 1960.
  6. Filippo BORGATTI, L’origine della città di Ferrara, 1895.
  7. Antonio FRIZZI, cit.
  8. Filippo BORGATTI, cit.
  9. Paolo RAVENNA, Le mura di Ferrara: immagini e storia, 1985.
  10. Carlo CESARI, Cesare PASTORE, Roberto SCANNAVINI, cit. 
  11. Ugo MALAGÙ, cit. 
  12. Ibid. 
  13. Maria Rosaria DI FABIO, Le Mura di Ferrara: storia di un restauro, 2003.
  14. Filippo de Pisis ricorda, in una sua memoria del 1915, che durante gli scavi per la costruzione del poligono del tiro a segno, sulle mura degli Angeli fu trovata una sfera d’acciaio nelle vicinanze del luogo dove sorgeva fino al XVII Secolo la scuola dei bombardieri.
  15. Ibid. 
  16. La porta, attuale porta Romana, veniva così descritta da Scalabrini: “In capo a via della Giaia, si vede il vaghissimo portone, che vi resta ancora con cornice d’ordine dorico, […] il qual fa prospetto alla medesima e per cui s’entra alla gran piazza a’ piedi della montagna, detta di San Giorgio, che fu alzata dal Duca Alfonso I di sabbia e lezzo cavato dalle fosse della città appresso la Porta di Sotto […]”.
  17. Gerolamo MELCHIORRI, Nomenclatura ed etimologia delle piazze e strade di Ferrara, Edizioni Forni (Ristampa Sala Bolognese), 1981.
  18. Maria Rosaria DI FABIO, cit.
  19. Alessandra FLORIANI, Fabio MARIANO, Le mura di Ferrara tra storia e recupero, 1982.
  20. Maria Rosaria DI FABIO, cit. 
  21. Alessandra FLORIANI, Fabio MARIANO, cit. 
  22. Filippo BORGATTI, Pianta di Ferrara all’anno 1597, 1895, BCA, Fondo Crispi, Serie Rossa 3.