Ferrara: il Territorio in una Città

IX. Il Libero Comune


La seconda metà del XII Secolo è da considerare come uno dei periodi più fortunati dello sviluppo comunale di Ferrara: Ravenna aveva gradualmente attenuato la propria influenza, la supremazia commerciale di Comacchio era ormai consumata e Venezia aveva appena iniziato la sua intrusione economica.
Testimonianza di questi momenti di prosperità economica fu l’edizione, nel 1173, degli Statuti Lapidari del comune sulla fiancata meridionale della nuova cattedrale, che consistevano sostanzialmente in un accordo fra chierici e laici sulla base del diritto consuetudinario, promosso da Salinguerra II 1.

 

Sdrammatizzatosi il quadro internazionale, ripresero le lotte intestine tra i Guelfi (gli Adelardi) e i Ghibellini (i feroci Salinguerra) che continuarono con esiti alterni, in una crescente tensione che mise in discussione i possedimenti fondiari, le immunità, i privilegi vescovili e quant’altro, fino a che, nel 1183, il morente Guglielmo II degli Adelardi cercò di porvi fine. Egli, infatti, lasciò tutti i suoi averi alla nipote Adelaide Marchesella, promettendola in sposa a Jacopo, nipote di Torello dei Salinguerra che fu invitato al capezzale di Guglielmo, allo scopo appunto di porre fine alle loro discordie. Fu così che, quando due anni più tardi morì Adelardo Adelardi, padre della bambina, questa, rimasta orfana, passò sotto la custodia dei Salinguerra: la parte guelfa della Romagna, tuttavia, non tollerò che tutti gli averi degli Adelardi andassero nelle mani della fazione avversa, per cui gli Este rapirono Adelaide e la diedero in sposa ad Obizzo I d’Este († 1193). Questi, Vicario Imperiale, era già riuscito rapidamente a guadagnare posizioni di potere nel mondo ferrarese, raccogliendo possessi fondiari da famiglie in declino (come i Casotti e i Giocoli) e sottoponendo a vassallaggio lo stesso Torello Torelli2. In questo modo gli Este ereditarono non solo gli averi degli Adelardi (tra cui il palazzo vicino alla parrocchia di S. Pietro che diventerà, in nome del suo primo abitante estense, Palazzo degli Obizzi) ma anche tutti i loro titoli, diventando, quindi, capi dei Guelfi ferraresi.

Il matrimonio non avvenne mai poiché la bambina morì a soli 13 anni, ma ciò non impedì comunque agli Este di restare in possesso di quanto ottenuto dagli Adelardi, dal momento che gli eredi della piccola, quelli designati dallo zio Guglielmo nel suo testamento, rifiutarono di farsi carico dell’eredità. Dopo la morte dell’Imperatore Enrico VI (1165-1197), cui sia gli Estensi che i Salinguerra erano legati da tempo, il dissidio si inasprì insanabilmente e, mentre Azzolino era impegnato come Podestà a Verona (1206), Salinguerra II scacciò i Guelfi da Ferrara, diventandone poi Podestà nel 1207. Si iniziò così un’alternanza di vittorie e sconfitte, con conseguenti espulsioni e ritorno degli esuli, che, gradualmente, vide scomparire il Libero Comune e il prevalere di una incondizionata sottomissione ad una sola famiglia.

L’altalena non fu casuale: essa era determinata dal gioco delle amicizie e dai riflessi condizionanti dei grandi eventi che coinvolsero Papato e Impero sulla scena internazionale, ed ebbe ripercussioni inevitabili sul tessuto urbano, dal momento che ogni sconfitta di una delle due fazioni comporta la distruzione delle sue case e delle sue proprietà. Nel 1210, Ottone IV (1182-1218), di ritorno da Roma, dopo essere stato incoronato Imperatore, e di passaggio a Ferrara, confermò ad Azzo VI la Marca di Ancona di cui l’Estense era già stato investito da Papa Innocenzo III (1160-1216). Quando, tuttavia, l’Imperatore fu scomunicato (1210) ed iniziarono le fortune di Federico II (1194-1250), Azzolino si schierò dalla parte dello Svevo che gliene fu sempre grato, scacciando da Ferrara sia i Salinguerra sia Ugo, Vicario Imperiale.

Ma le fortune della casata estense incontrarono una battuta d’arresto alla morte di Azzo VI e del figlio Aldobrandino, perché il giovane fratello di Azzolino, Azzo VII, si trovò ad affrontare da solo Salinguerra Torelli: fu così sconfitto e nel 1222 venne espulso dalla città.

Fino al 1240, a Ferrara si assistette all’incontrastata supremazia di Salinguerra che, rinnovatasi la lotta tra i comuni e Federico II, non partecipò alla seconda Lega Lombarda, cercando di mantenere buone relazioni con l’Imperatore. Le fortune imperiali declinarono comunque abbastanza presto: nel 1240 una legazione papale, alla quale, oltre agli Estensi esiliati, aderirono anche Veneziani, Bolognesi e Mantovani, pose sotto assedio Ferrara e riuscì col tradimento ad entrare in città e a fare prigioniero Salinguerra che, trasportato a Venezia, vi morì nel 12443. Pare che, per difendersi, questi dovette rompere un argine del Volano allagando le campagne circostanti per rallentare così l’avanzata del nemico; questo porta a pensare che la città allora non fosse munita di mura e che l’unica difesa per i Salinguerra fosse il loro castello, munito di fossato. Racconta sempre l’Aventi: “Il Po di Lombardia lambiva, a quell’epoca, la città scorrendo da ponente a levante ed inclinando a tramontana, ed offriva sufficiente difesa da quei lati, mentre a Nord-Ovest un terreno paludoso e poco praticabile ne garantiva l’accesso; ed in tale situazione rimane Ferrara almeno sino al 1240, quando Salinguerra per difendersi dai collegati Guelfi che minacciano di assalirlo, fa praticare un taglio negli argini del Po ed allagare i terreni contigui, per evitare l’incursione dei Confederati nemici; ciò prova che egli non deve aver avuto migliori fortifi cazioni esterne da opporre da quella parte4.

Azzo VII d’Este, conosciuto come Azzo Novello, che già si era allontanato dall’Imperatore, fu la nuova principale figura nel quadro storico ferrarese. Il grande impoverimento che la città subì a seguito dell’espulsione dei salinguerriani e della distruzione delle loro case, annullò gradualmente l’usuale capacità di resistenza dei Ferraresi alla penetrazione dei Veneziani, ai quali peraltro l’Estense era favorevole, dovendoli ripagare per l’appoggio determinante che avevano fornito nella riconquista della città5. Nel 1242, quindi, i marchesi di casa d’Este salirono al dominio definitivo di Ferrara e, a sancire questo passaggio, venne costruito il nuovo Palazzo di Corte, di fronte al duomo: originariamente era un edificio col prospetto di fronte alla Cattedrale ed all’Arcivescovado, e con la fiancata in Cortevecchia ma, pochi anni dopo la sua costruzione, nel 1310, i Ghibellini, guidati da Salinguerra, lo assaltarono, distruggendolo interamente (alla ricostruzione provvederà Niccolò II nel 1375).

La piazza in quel momento era il nuovo centro civico e politico: su di essa, successivamente, vi si affacceranno anche la dimora degli Estensi e il nuovo Palazzo della Ragione6. È da puntualizzare che, sin dal 1190, pervengono numerosi documenti redatti in palatio communis, la cui ubicazione è ignota, ma è molto probabile che questo vada identificato con il Palazzo Vecchio della Ragione, situato all’angolo tra la Strada di S. Martino e la Via Grande7. È solo dal XIII Sec. che, con certezza, questo sorge sulla piazza, a Sud del duomo, come risulta dagli statuti del 1287: Statuta Ferrariae, lib. V. 38, 294. Il palacium marchionis è, poi, ricordato dal Chronicon Estense nell’anno 1285 e compare nella pianta di Ferrara di Fra’ Paolino Minorita.

Alla fine del XIII Secolo, Ferrara era una città in espansione, sempre più ricca e prospera, tanto che fu bandito uno statuto per proibire la costruzione di case con paglia e stuoie: un’evidente precauzione contro i frequenti incendi, che ripetutamente afflissero la città, anche se continuarono a coesistere ancora per diverso tempo case in mattoni con altre in legno, sia in campagna che in città8.

 


  1. Augusto VASINA, cit.
  2. Ibid. Francesco BERNI, op.cit.
  3. Giuseppe MANINI FERRANTI, cit.
  4. Francesco AVENTI, cit.
  5. Ermanno LANZONI, cit.
  6. Anna Maria VISSER TRAVAGLI, (a cura di), Ferrara nel Medioevo, Grafis Edizioni, Casalecchio di Reno (Bo), 1995.
  7. Guido Angelo SCALABRINI, cit.
  8. Anna Maria VISSER TRAVAGLI, cit.