Ferrara: il Territorio in una Città

XII. Il Governo Papale


Dopo Ercole I iniziò il decadimento di Ferrara, col susseguirsi al potere di Alfonso I, Ercole II e Alfonso II: alla morte di quest’ultimo, nel 1598, Papa Clemente VIII (1536-1605) proclamò la Devoluzione del ducato alla diretta sovranità della Chiesa e, come segno di supremazia, dieci anni più tardi venne costruita la Cittadella, nella zona dell’alveo abbandonato del Po a ponente, ove sorgeva Castel Tedaldo.

 

Il testo della Convenzione Faentina che legittimò il passaggio di Ferrara allo Stato della Chiesa fu rogato dai notai Ludovico Martini e Francesco Rondoni. Il testo è diviso in quindici capitoli, più una clausola che riguarda il pagamento di mille scudi d’oro per la parte inosservante.

La Chiesa ritirò la scomunica a Cesare e gli consentì libertà di movimento nei suoi Feudi Imperiali, inoltre legittimò il possesso dei possedimenti di Lugo e Bagnacavallo e di tutti gli altri beni allodiali. Venivano inoltre restituite le terre del Campignano, che erano state cedute da Alfonso I al Vescovo di Bologna per aver quest’ultimo perso Cento e la Pieve. Inoltre la Santa Sede assicurava e Cesare l’estrazione di quindicimila sacchi di sale dai magazzini di Cervia, attraverso il libero passaggio per via di terra e del Po.

Altre clausole trattano la conservazione dei privilegi concessi ai Principi d’Este e Duchi di Ferrara, la consegna dei beni precariati di Nonantola alla città di Modena ed il progetto di trasformare Carpi in città.

Dopo la pubblicazione dell’accordo, l’Imperatore Rodolfo avvalorò l’investitura di Modena e Reggio e il Vescovo di Imola sanzionò la cessazione dell’interdetto e della scomunica nella sua Diocesi.

Il 28 Gennaio Cesare si diresse a Modena, nuova capitale del Ducato Estense, mentre il giorno successivo il Cardinale Aldobradini entrò trionfalmente a Ferrara, prendendo effettivamente possesso della città.

Il governo della Santa Sede risulta incline a propositi di equilibrio e benevolenza nei confronti della popolazione ferrarese, promulgando la Constitutione Aldobrandina sopra la riforma delle Sportole, e Salari de’ Giudici, Notari et altri officiali di giustizia e introducendo disposizioni in merito alla riduzione dell’eccessivo fiscalismo estense. Clemente VII riconfermò, inoltre, i privilegi concessi dagli Estensi, come la possibilità di avere un ambasciatore a Roma e l’apertura di una zecca.

Sul piano politico il Papa si mosse verso una riorganizzazione gerarchica delle cariche cittadine. Emanò la Bolla Centumvirale ed istituì il Consiglio omonimo ed il Magistrato Decemvirale: questi due organi assolvevano ai compiti della pubblica amministrazione, con la clausola di subordinazione al Cardinale Legato1.

All’interno della configurazione dello Stato Pontificio la città si trova a fare da baluardo contro le mire espansionistiche della Serenissima (e per i suoi interessi idrici) e di Modena, dove un senso di riscatto muoveva il ramo Estense regnante a riappropriarsi delle antiche terre. Questa situazione comportò la considerazione dell’intera città come riferimento strategico nel territorio. La città fu oggetto di una serie di demolizioni e ricostruzioni, tali da provocare innumerevoli malcontenti tra la popolazione, che cominciò a porre a confronto i nuovi governanti con la precedente Signoria Estense. Sia il cronista Rondoni che il Penna riportano il malcontento della cittadinanza di fronte a queste opere di riadattamento della città2.

In linea di massima, Ferrara subì una vera e propria cesura al suo interno in favore dell’edificazione della Fortezza e della sua spianata, provocando l’abbandono da parte dei cittadini delle proprie case per dirigersi nelle campagne o addirittura in altre città. Come rovescio positivo della medaglia, aumentarono il numero di case fruibili, dal momento che Cesare d’Este partì per Modena insieme al suo nutrito seguito.

Attorno alla metà del Secolo, gli ebrei ferraresi erano circa millecinquecento3. La Convenzione Aldobrandina aveva concesso loro un’interessata benevolenza che sarebbe risultata utile al governo in merito a questioni economiche. Clemente VIII si dimostrò meno bendisposto, promulgando il 10 Aprile del 1624 l’Editto contro gli Hebrei abitanti nelle terre e Luoghi della Legazione di Ferrara, ritenendo in questo modo di arginare gli abusi legati all’usura che il Papa riconduceva a loro. L’Editto sopra il Ghetto da farsi per gli Hebrei della Città di Ferrara obbligò gli ebrei ad abitare all’intenro del loro quartiere, localizzato tra le vie Sabbioni, Vignatagliata e Gattamarcia. Il Ghetto fu delimitato da cinque porte, cercando di evitare quella familiarità tra questi ed i cristiani che mal tollerava la Santa Sede. Per l’edificazione di questo complesso fu distrutta l’antica chiesa di San Giacomo, mentre i lavori furono affidati all’architetto della Comunità Ercole Morandi.

Durante il Seicento, inoltre, una mutazione rilevante è quella subita dall’Università: fu investita da una vera e propria crisi dovuta alla mancanza di risorse economiche sufficienti al suo finanziamento da parte del Maestrato. Le cause scatenanti di tali difficoltà sono da ricercare nel delicato passaggio da Ducato a Governo Pontificio. Mentre, in precedenza, la Signoria obbligava l’iscrizione ad essa soltanto dei sudditi ferraresi, ora questa diventa una delle tante Università Pontificie ed oltretutto in forte conorrenza con la vicina Alma Mater Studiorum di Bologna.

Il Po, dopo il 1581, non scorse più a Sud di Ferrara ma deviò il suo letto di diversi chilometri, spostando innanzitutto a Nord il suo ramo principale4. Tuttavia, nel 1627, periodo in cui era Legato Pontificio il Cardinale Giulio Sacchetti, il sistema idrico presentava ancora numerosi problemi: il Po straripava, e Ferrara, costretta quindi in precarie condizioni igieniche, era devastata da carestie e disastrose ondate di peste portate dai Lanzichenecchi. Per cercare di risolvere la gravosa situazione, nel 1631 il Legato Giovan Battista Pallotta intraprese la costruzione di un canale che, comunque, non bastò a risollevare le sorti cittadine.

Negli anni Settanta del XVII Secolo, infine, si riscontrano documenti che parlano della demolizione del Castello dei Salinguerra, datati appunto 16765.

 


  1. Alessandra CHIAPPINI, Immagini di vita ferrarese nel Secolo XVII, pag. 10
  2. Carlo RONDONI, Cronaca di Ferrara Alberto PENNA, Descrittione della Porta di San Benedetto, de’ luoghi delitiosi, che erano dietro le Mura della Città di Ferrara
  3. Giuseppe PARDI, Sulla popolazione del ferrarese dopo la Devoluzione, in Atti e Memorie della deputazione provinciale ferrarese di storia patria, serie 1, vol. XX, fasc. II, 1911, p. 17
  4. Francesco AVENTI, cit.
  5. Gerolamo MELCHIORRI, cit.